The Witcher 3, il nostro test su Playstation 4 tra gioie e dolori
Ed eccoci qui pronti a recensire il nuovissimo The Witcher con qualche giorno di attesa rispetto all’esigenza di stimolare i nostri polpastrelli nel migliore dei modi sui magici controller che ci mettono nei panni di Geralt, un witcher alla ricerca della sua “non-figlia” scomparsa in un diversamente rpg davvero appassionate ma, a dirla tutta, con qualche leggera pecca.
Non cominciate a brontolare, non ho detto che il gioco è brutto, anzi. La verità è che se vogliamo partire dal gaming e non dalle ambientazioni ricchissime e fantastiche, probabilmente c’è qualcosina da dire. Per quanto riguarda i movimenti, il nostro Geralt di Rivia ha ancora qualche problema che gli sviluppatori stanno cercando di risolvere, almeno su PS4, con simpatici aggiornamenti dal peso di 5/600 Mb ciascuno. Ma, d’altronde, a chi importa che in Italia abbiamo un sistema di connessione dati pre-bellico?
I problemi in questione sono dovuti non tanto alla fluidità e alla fisica dei personaggi, ma alla costante sensazione di giocare a una “diablo version” di Assassin’s Creed. Si prenda questa considerazione come puramente occasionale in quanto, non me ne vogliano i fan della saga degli assassini, in The Witcher 3 lo storytelling è molto più interessante degli ultimi episodi delle avventure di Desmond Miles. True story.
La scelta di costruire un mondo molto vasto in cui ambientare una serie di avventure pone The Witcher su un dilemma molto attuale: rendere il gioco online o meno. La scelta, ricaduta sul pensionamento del collegamento internet, ha portato il gioco su una via ben precisa: porre l’attenzione su quello che è davvero il gioco, ipotizzando che ci si possa ancora divertire anche senza mettersi in sfida con il figlio del salumiere della provincia di Milwaukee. Onestamente preferisco giocare a un gioco così ben strutturato dal punto di vista della diegesi che, paradossalmente, sparare a milioni di mostri spaziali e non capire perchè io lo stia facendo. È forse strano da parte di un giocatore chiedere un’esperienza che non sia soltanto fuochi d’artificio ma anche coerenza con quello che il nostro alter-ego renderizzato deve affrontare nella sua vita?
È per questo motivo che non me la prendo tanto se Geralt non riesce a scavalcare una staccionata come dovrebbe. Mi piace pensare che la colpa sia di un’alimentazione a base di carne cruda, sparute olive verdi e tanta acqua minerale.