The Walking Dead n. 33 Contrattacco e n. 34 Armi Non Convenzionali
Qualcuno ci ha tacciati di noncuranza quando ha visto che avevamo saltato la recensione di un numero dell’edizione in formato bonelliano di The Walking Dead. Non vi preoccupate, sono tornato a recensire per voi questo fumetto andando a recuperare l’uscita di Luglio, un mese davvero complicato dal punto di vista lavorativo che mi ha ridotto a trascurare per un po’ il blog in favore di qualche sana giornata di mare.
A tutti i morti viventi accaldati in ascolto, facciamo quindi un passo indietro: siamo nel bel mezzo della cosiddetta Guerra Totale e Rick e Negan se le stanno dando di santa ragione, combinandone di cotte e di crude mentre si perde il conto dei morti in entrambe le fazioni. Fear the dead, si diceva prima, adesso sarebbe il caso di dire “the death”, insomma.
Il colpo più interessante del volume 33 è sicuramente l’introduzione di Holly in versione vagante tra le mura di Alexandria, uno stratagemma di Negan che ha dimostrato di essere ancora una volta ad un livello molto superiore rispetto a quello del governatore, almeno da un punto di vista di follia omicida.
Nel frattempo Negan, intenzionato a finire subito il suo lavoro, bombarda Alexandria, lasciandone solo cenere e carbone.
Nell’ultima vignetta del numero 33 vediamo i Salvatori in netto vantaggio sulla gente di Rick Grimes, ma qualcosa può ancora cambiare. Il numero 34, Armi non convenzionali, inizia con una terribile sorpresa: il rapimento di Eugene e la conseguente richiesta poco ortodossa di Negan, intenzionato a far lavorare l’armaiolo di Alexandria alle sue dipendenze.
Nel frattempo Rick decide di far spostare tutti a Hilltop dove Maggie sembra essere diventata la nuova guida della gente di Gregory, mentre gli animi sono ancora scossi tra le perdite generali. Denise muore per salvare la vita di Heath e tanti altri vengono commemorati dal gruppo.
Non facciamo in tempo a capire la nuova strategia di Rick che Negan è già pronto a far risuonare l’aria sotto le violente sferzate di Lucille.
Indipendentemente dalla trama ben articolata del fumetto che finalmente sembra riprendersi nonostante la riduzione editoriale, sto cercando di capire come potrà mai essere trattata questa guerra durante gli episodi della serie televisiva. C’è da dire che, a differenza della versione a fumetti, la AMC non vuole saperne di abbandonare i tempi biblici di narrazione e che Kirkman sta preferendo trasformare The Walking Dead in qualcosa di molto più vicino ad una soap opera che ad un survival thriller.
C’è la sensazione che, nell’universo parallelo rispetto a quello che stiamo leggendo mese per mese, la situazione potrà leggermente variare e si ha la sensazione che Paul “Jesus” Monroe potrebbe presto rivelarsi come un personaggio già esistente. Forse Daryl?
C’è da dire che l’attenzione ai dettagli e la fedeltà di alcuni personaggi alla vena strategica di Rick, rendono questi ultimi numeri di The Walking Dead una sorta di preludio a qualcosa di più grande, una consapevolezza che le guerre, i bisticci e le carestie non porteranno a null’altro che alla morte e alla stasi.
The Walking Dead è, signori, una storia statica, dove il dinamismo non è contemplato se non come causa dei guai. Probabilmente la sofferenza non avrà mai fine e, come dice Heath sul letto di morte di Denise: “Vorrei aver potuto ignorare tutto quanto ed essere felice un po’ più a lungo”. Che siano vivi o siano morti, esiste sempre una mandria all’inseguimento di qualcosa.
Avete già provato a fare un giro in spiaggia? Altro che mandrie di zombie!
Al prossimo numero!