Se ti esibisci per primo vinci X-Factor (forse)
Se c’è una cosa che sin da piccoli tentano di insegnarci è che mai e poi mai bisogna giudicare un libro dalla copertina.
Non bisogna soffermarsi alle mere apparenze e come con i libri così con le persone. Ma a volte le cose si rivelano esattamente per ciò che sembrano, perchè le esperienze ci hanno insegnato anche che, talvolta, le prime impressioni sono quelle che contano.
Oscar Wilde diceva che non abbiamo mai una seconda opportunità per dare una prima buona impressione, e aveva ragione.
Un passo falso, una battuta di troppo o uno spaghetto tra i denti e il nostro interlocutore potrebbe non aver più l’interesse a dialogare con noi.
Questo perchè ogni esperienza si svolge attraverso delle fasi, e, purtroppo o per fortuna, la prima è di fondamentale importanza.
Bisogna dunque giocare d’anticipo, pianificare il proprio tavolo da gioco e muovere la nostra pedina con arguzia, perchè i nostri errori e le nostre gaffe saranno notate e spesso spietatatamente valutate.
Ed ecco che qui entrano in gioco le regole della persuasione e soprattutto il potere del priming: le informazioni presentate per prime influenzano la percezione del resto del messaggio.
L’ESPERIMENTO
Asch, psicologo statunitense, tutto questo lo aveva capito fin troppo bene e nel suo esperimento presentava ai soggetti sperimentali una lista di aggettivi:
“intelligente, intraprendente, impulsivo, critico, ostinato, invidioso”.
La lista veniva presentata alternativamente in questo modo o all’inverso (invidioso, ostinato, critico, impulsivo, intraprendente, intelligente) e, udite udite, i partecipanti che leggevano la lista che iniziava con un aggettivo positivo, poi valutavano il soggetto in questione in maniera migliore rispetto a quando l’ordine di presentazione era l’inverso. Cosa ha di tanto straordinario questa teoria? Chiudiamo per un secondo gli occhi, e immaginiamoci vestiti di tutto punto in un ‘aula di tribunale, pronti a difendere con le unghie e con i denti il nostro cliente di fronte ad un’arcigna giuria. Scegliere il momento giusto in cui esporre la tesi più convincente non è cosa da poco. Asch però ha studiato anche l ‘effetto contrario, ovvero l ‘effetto recency, secondo cui ricordiamo più positivamente le ultime cose di una lista che ci viene presentata . Ciò è senza dubbio ancora più intuitivo: le informazioni recepite per ultime sono “fresche di memoria” e quindi maggiormente reperibili.
Quanto dunque è importante la consequenzialità nelle nostre azioni? E, soprattutto, un nostro successo o insuccesso potrebbe essere dovuto semplicemente a questi effetti? Pensiamo ai concorrenti che si esibiscono ad un talent show, X-Factor, ad esempio. Esibirsi per primi o per ultimi quanto può influire sul giudizio di chi guarda? Se Asch fosse un incallito fan di X-factor , non esiterebbe di certo a far notare come talvolta le nostre performance e le nostre vittorie, a prescindere dal talento, dipendano in gran parte dalla mera classificazione degli eventi e che le nostre scelte e preferenze, talvolta, sono dovute all’ordine in cui si manifestano le cose. Gli incalliti del poker forse sapranno già che non esistono carte vincenti, ma sono delle particolari circostanze a renderle tali.
Spero di aver suscitato in te la curiosità di scoprire da solo quale dei due effetti ha la meglio sulla nostra mente, perchè ora sono troppo occupata, tra poco c’è il primo live di X-factor.