Essere imprenditori in una corporate, si può! Come? Lo spiega “La Duplice Alleanza”
Croce e delizia di ogni fondatore di start-up è, possiamo ormai esserne certi, la costruzione di un solido ecosistema di relazioni.
Una delle relazioni fondamentali nel capitalismo 4.0, negli anni in cui la digitalizzazione smette di essere una buzzword e inizia a creare realmente un sentimento di innovazione nel nostro Paese, è quella tra la start-up e la corporate.
Se avete un profilo LinkedIn e non avete vissuto sotto un sasso negli ultimi due anni, avrete sicuramente coscienza di ciò che significa per una start-up creare ed esprimere un proprio modello di business ovvero, essenzialmente, creare un prodotto e riuscire a venderlo.
Dall’altro lato, le corporate hanno la necessità di creare innovazione, sia essa all’interno dell’azienda o acquisita da competenze esterne.
Ciò che le startup e le big corporate possono imparare è, sulla carta almeno, molto semplice: imparare a cooperare.
È questo il messaggio che Marta Basso ci regala nel suo libro La duplice alleanza, un manuale sulla innovazione aperta e su come applicare il modello Seed Up grazie al quale little e big player di mercato possono imparare a cooperare.
Un libro talvolta sfrontato, simile a un flusso di pensieri aperti che però cercano di attraversare il cuore del problema: come si crea l’innovazione?
Se per le start-up esiste la necessità di una buona mentorship, per le aziende più strutturate c’è sicuramente la voglia di innovare più rapidamente. L’incontro tra le due esigenze è possibile, grazie al contributo degli incubatori.
Nel libro La duplice alleanza, non manca inoltre spazio per spiegare meglio il fenomeno di incubazione e la necessità di insegnare l’imprenditoria già nelle aule universitarie.
Un rapporto quasi imprescindibile tra istruzione e lavoro che può trasformare gli studenti di oggi in intrapreneur di domani, ovvero chi ha le capacità di fare impresa all’interno di grandi realtà come Google o altre big company italiane.