Ecco perchè Mr. Robot è la serie TV rivelazione del 2015
Ho avuto bisogno di un paio di settimane di tempo per somatizzare la fine della prima stagione di Mr. Robot, una serie che è riuscita a scalzare dalla mia testa almeno un paio di produzioni che mi avevano davvero intrappolato i neuroni davanti allo schermo, come Daredevil di Netflix e la stupenda Wayward Pines, di cui vi parlerò in un altro articolo.
Ho deciso di prendere un po’ di respiro prima di parlarvi di Mr. Robot, perchè volevo davvero capire quali fossero stati gli elementi che mi hanno portato a pensare che si tratti (almeno finora) della serie rivelazione del 2015.
Innanzitutto c’è da dire una cosa: non c’è bisogno di essere un hacker o un esperto di ingegneria informatica per seguire le vicende di questo telefilm. Ergo, da appassionato di informatica e “curiosone” di tecnologia, ho davvero apprezzato la possibilità di non chiudere azioni e dialoghi unicamente nel calderone del tecnicismo e del brutal-nerd. Questo perchè avevo già parlato in un precedente articolo su House of Cards, di quanto fosse importante parlare in una serie di argomenti che difficilmente rientrerebbero in un fatato mondo televisivo fatto di unicorni e Pippo Baudo. Se nella seconda stagione di House of Cards si apre la strada al deep web, raccontato ancora troppo irrealmente, in Mr. Robot la strada si fa più complicata, ma non impossibile da comprendere. Possiamo essere quindi laureati in materie umanistiche, ma non siamo imbecilli. Quindi perchè farci vedere ancora l’hacker che ci entra nel PC di casa facendo tutto quel casino di glitch e disturbi nello schermo?
Ma il punto focale della storia non è questo: in Mr. Robot si raccontano le vicende di qualcuno che usa l’informatica per indagare a fondo non tanto nelle macchine, ma negli esseri umani. Queste complicatissime macchine biologiche sono riuscite a costruire enormi muri, fatti di tecnologia, di socialità apparente, di marketing, di società corrotte. Per questo F-society, ovvero “fuck society”, vuole una manovra di default, di ritorno all’essenziale. A differenza di serie come Halt and catch Fire, in Mr. Robot abbiamo sempre la sensazione archetipica di ragionamenti che esulano dalla necessità di conoscere l’ambiente e le regole informatiche, per una riflessione sull’uomo e su tutto ciò che porta con sè e nel suo personale sistema operativo, ricco di zone d’ombra e di attitudini all’autodistruzione.
Dal punto di vista tecnico, Mr. Robot ha tutte le carte in regola per raggiungere il podio delle migliori serie televisive del 2015: regia eccellente, montaggio fantastico, dialoghi e sceneggiatura da film e, ultimo ma non per importanza, colonna sonora davvero azzeccata. Sono forse questi gli elementi che mi hanno fatto pensare di trovarmi di fronte a un piccolo capolavoro, con la paura, quella solita, che la seconda stagione possa fare andare in crash il sistema.